Sono fermamente convinto che la via più sicura per arrivare alla comicità, della quale penso di essere “portatore sano”, parta dalla credibilità e dal processo di identificazione dello spettatore nella vicenda che si sta raccontando.
La storia vuole essere un inno a quello che è forse il più nobile sentimento di noi meridionali, il perseverante culto per i defunti, che a casa della famiglia Ruotolo, si acutizza fino a raggiunge i toni del paradosso.
Una madre, sebbene morta diversi anni prima, mantiene un contatto costante con una delle sue figlie, Margherita, costringendola a sacrificare la propria esistenza pur di assicurare la serenità agli altri tre fratelli: Geppino, Cristina e Bernardino.
Ed è proprio la complessa personalità di Bernardino, divisa da due pulsioni ben distinte, quella di uomo adulto e quella di eterno bambino che madre natura, non sempre magnanima gli ha conferito, che concede alla trama, di per sé grottesca, delle esplosioni di comicità non prive di toni delicati ed emozionanti.
Nel tentativo di imporsi come fratello maggiore, Bernardino, con grande disinvoltura, alterna dei momenti di intense paure infantili a puerili tentativi di imporsi come guida della famiglia.
Antonino Miele