Felice Sciosciammocca, ricco campagnolo di Roccasecca, ha un nipote in città studente in medicina. Questi sperpera i denari dello zio facendogli credere che si è laureato e che dirige una casa di cura per pazzi. L’arrivo inaspettato del facoltoso parente costringe Ciccillo, così si chiama il nipote, ad uno stratagemma. Lo sfaticato nipote gli fa credere che la pensione in cui alloggia è la casa di cura che dirige e che gli ospiti sono i pazzi. In effetti le stranezze e le manie di questi ignari inquilini (c’è l’attore che prova l’Otello, il musicista pronto a partire per nuovi e gloriosi concerti, la mamma apprensiva che cerca di accasare la timida figlia) appaiono al povero Felice, terrorizzato, come segni evidenti di pazzia.
Spensierata commedia degli equivoci in cui non c’è nessun personaggio che giochi il ruolo effettivo di “pazzo”, come insinua il titolo, ma che ingegnosamente assegna a questa categoria l’intera squadra di bizzarri protagonisti, impegnata in esilaranti sketches clowneschi. Perfetta unione tra pazzia e normalità in questo classico della commedia napoletana, che offre la concreta possibilità di ridere di noi stessi, molto spesso (in)sani portatori di stranezze all’ordine del giorno. Elogio alla follia, quindi, quale valido antidoto alla quotidianità, spesso suggestionata dall’annoso dubbio amletico: ”Ma il pazzo, chi è?!”.