Un esuberante e multiforme Gianfranco D’Angelo è mattatore assoluto in questa commedia, che dalle cronache attuali di questo frangente di crisi prende spunto per raccontare con intelligenza ed ironia le molte sfaccettature dell’uso potere, evocando sotto l’aspetto drammaturgico e attraverso riconoscibili citazioni, i più grandi autori teatrali che hanno affrontato il tema del potere e della regalità, da Plauto a Shakespeare, da Calderón de la Barca a Molière, da Pirandello alle avanguardie letterarie.
La trama
Sull’onda delle numerose occupazioni, una spiantata compagnia teatrale si è barricata in un teatro chiuso da tempo e destinato a diventare un centro commerciale. Aristide Tarallo, il capocomico, ha annunciato alla stampa che la compagnia andrà in scena con il Re Lear di Shakespeare, proprio per il suo portato di critica alla cattiva politica e all’uso distorto del potere.
Ma il comportamento di Aristide si fa via via più strano, già da qualche tempo sua moglie Lilla e sua figlia Flora, che hanno condiviso con lui una vita da girovaghi, si sono accorte delle sue crisi di identità: forse per paura, forse per il desiderio di rifugiarsi in un mondo meno spaventoso di quello reale, o per proteggere il bambino che ancora vive in lui, Aristide si identifica in modo compulsivo e incontrollabile con quegli uomini che hanno raggiunto le leve del potere e lasciato un segno nella Storia, che siano stati re, principi, dittatori o papi.
A causa di questa bizzarra patologia, surreale e donchisciottesca, reale o simulata, egli ha trovato forse un modo per riscattarsi dalla propria condizione di uomo comune sottoposto a vincoli, obblighi, leggi e tabù che limitano l’esistenza di tutti coloro che non possono approfittare di una posizione di potere politica o economica, facendo così del palcoscenico il suo irrinunciabile regno.
Attraverso una irresistibile carrellata di personaggi che hanno lasciato un segno nella storia - da Romolo a Papa Bonifacio VIII, da Gian Gastone de’ Medici a Vittorio Emanuele, da Hitler al dittatore Bokassa - Gianfranco D’Angelo mette alla berlina, attraverso una comicità arguta e un ironico disincanto, la lunga teoria di vizi e di miserie degli esseri umani condannati all’infelicità dall’ambizione e dal potere.